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Il carattere (khuluq) del Profeta Muhammad  Aya10
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    Il carattere (khuluq) del Profeta Muhammad

    KAMAL
    KAMAL
    che Allah lo protegga
    che Allah lo protegga


    Località*الدولة* : Egypt

    Sesso : ذكر

    Numero di messaggi : 157

    Il carattere (khuluq) del Profeta Muhammad  Empty Il carattere (khuluq) del Profeta Muhammad

    مُساهمة من طرف KAMAL الإثنين 3 يناير - 23:54:15

    Nel nome di Dio
    misericordioso clemente




    Il carattere (khuluq) del
    Profeta Muhammad

    Allàh l'Altissimo nel Suo Nobile Corano ci
    incita a seguire come modello per il nostro
    "perfezionamento" il Suo Inviato Saiyydinà
    Muhammad - le benedizioni di Allàh e la pace su
    di lui - : "Voi avete nell'Inviato di Allàh un
    modello sublime, per chi spera in Allàh e
    nell'Ultimo giorno e molto ricorda Allàh"
    (Corano Sura Al-Ahzàb 33 vers.21)

    Allàh l'Altissimo nel Suo Nobile Corano ci
    descrive inoltre qual'è il carattere "khuluq"
    con il quale ha mandato Saiyydinà Muhammad - le
    benedizioni di Allàh e la pace su di lui- alle
    Sue creature: " Per quale misericordia da parte
    di Dio hai mostrato dolcezza nei loro confronti?
    Se tu fossi stato rude e duro di cuore essi si
    sarebbero dispersi lontani da te. Usa loro
    clemenza, chiedi perdono per loro, e consigliati
    con loro sul da farsi..." (Corano Sura Al-Imran
    3, vers. 159)

    Tutti i Maestri (Shuyukh) del Tasawwuf si sono
    "conformati" a questo "modello sublime" seguendo
    la sua Sunna (modo di agire e di fare del
    Profeta) in ogni loro pensiero e azione e
    insegnando a loro volta, più con gli atti e gli
    stati (hàl) che con le parole, questa Via
    (Tariqa Muhammadiyya) ai loro discepoli.

    Ho pensato perciò che potrà trovare interesse la
    seguente pubblicazione di alcuni commentari
    (Tafsir) della Sura sopracitata "sul carattere
    del Profeta" (Cor.3,159-60) per cogliere ancor
    di più la bellezza e l'elevatezza degli
    insegnamenti di Allàh l'Altissimo che ci ha
    voluto dare con questo Suo nobile versetto, in
    cha Allàh.

    NB- Queste pagine che riportiamo sono tratte dal
    Libro che verrà pubblicato a breve : «La Sura
    della Famiglia di Imran nella Sapienza Islamica»
    di Ludovico Zamboni - GEI Gruppo Editoriale
    l’Idea. Il III Capitolo (Sura) del Corano alla
    luce dei commenti di Ibn Kathìr e Al Qâsânî
    tradotti direttamente dai Testi in lingua Araba
    da Ludovico Zamboni, il quale ci ha gentilmente
    concesso di pubblicare qui in anteprima, che
    Allàh lo ricompensi e sia soddisfatto del suo
    lavoro. Chi ne facesse uso è pregato gentilmente
    di riportare la provenienza di queste pagine,
    grazie.

    Nel testo che riportiamo il carattere "normale"
    è dedicato alla traduzione dei commenti di Ibn
    Kathìr e di Al-Qàsànì.

    il carattere in grassetto a quello dei versetti
    del Corano
    il carattere in corsivo alle note di Ludovico
    Zamboni
    Tafsir (commentario) del versetto 159-60 della
    Sura Al-Imràn - 3
    [Sul carattere del Profeta (s.a.s.)]

    Testo
    «159) Per quale misericordia da parte di Dio hai
    mostrato dolcezza nei loro confronti? Se tu
    fossi stato rude e duro di cuore essi si
    sarebbero dispersi lontani da te. Usa loro
    clemenza, chiedi perdono per loro, e consigliati
    con loro sul da farsi. E quando hai acquisito
    ferma risolutezza, affidati fiducioso a Dio,
    perché Dio ama coloro che a Lui si affidano.
    160) Se Dio vi soccorre, nessuno vi potrà
    sconfiggere; ma se Dio vi abbandona, chi vi
    potrà soccorrere, dopo di Lui? A Dio dunque si
    affidino fiduciosi coloro che hanno fede.»

    Dice Ibn Al-Kathìr:

    L’Altissimo si rivolge al Suo Inviato, pieno di
    benevolenza nei confronti suoi e dei credenti,
    parlandogli di come ha reso tenero il suo cuore
    a riguardo della sua comunità, nei confronti
    cioè di coloro che seguono i suoi ordini e
    cessano di rivoltarsi contro di lui, e di come
    ha fatto sì che le sue parole sembrassero loro
    gradevoli, e dice: «Per quale misericordia
    (bi-mâ rahmatin) da parte di Dio hai mostrato
    dolcezza (linta) nei loro confronti?» E cioè,
    per mezzo di cosa Dio ha fatto sì che tu fossi
    dolce con loro, se non per la misericordia di
    Dio nei tuoi e nei loro confronti? Qatâda dice:
    “Il significato è ‘Per misericordia da parte di
    Dio tu hai mostrato dolcezza nei loro
    confronti’. La particella mâ infatti in questo
    caso è una semplice congiunzione.” (...)

    Dice Al-Hasan Al-Basrî:
    “Qui si parla del carattere (khuluq) col
    quale Dio ha mandato Muhammad, e questo nobile
    versetto somiglia alle parole dell’Altissimo «È
    venuto a voi un Inviato che viene da voi stessi,
    al quale pesa ciò che commettete e che ha cura
    di voi, pietoso e clemente con i credenti» (Cor.
    9,128).

    L’Imam Ahmad tramanda da
    Abû Râšid Al-Harrânî: “Abû Umâma Al-Bâhilî mi
    prese per mano e mi disse:
    ‘L’Inviato di
    Dio mi prese per mano, e mi disse: Abû Umâma, vi
    sono alcuni credenti verso i quali il mio cuore
    ha tenerezza’.”

    Al-Qušayrî: “Se non
    fosse stato per una forza divina che il Vero gli
    riservava, come avrebbe potuto l’Inviato di Dio
    sopportare la compagnia degli uomini? Non vedi
    che Mosè, appena dopo aver udito la Sua parola,
    non sopportava neppure di parlare con suo
    fratello, e gli prendeva la testa, tirandola a
    sé?(Cor.20,92-4) O ancora: se il Profeta (su di
    lui la pace e la preghiera divine) non li avesse
    guardati [con un occhio che] cancellava quelle
    norme proprie del mutamento (ahkâmu t-tasrîf)
    che avevano corso in loro, realizzando che era
    Allah a dar origine ad esse, come avrebbe potuto
    sopportare la loro compagnia?

    Quindi l’Altissimo dice: «Se tu fossi stato rude
    (fazz) e duro (galîz) di cuore essi si sarebbero
    dispersi lontani da te». Il termine fazz è
    simile nel significato a galîz, così che il
    significato è ‘se tu fossi stato duro con la
    parola e col cuore’, o in altre parole ‘se tu ti
    fossi rivolto a loro con parole violente, e col
    cuore duro, essi si sarebbero allontanati da te,
    lasciandoti; Dio però li ha uniti a te facendo
    sì che tu fossi dolce con loro, così da
    ammansire i loro cuori’. Dice ‘Abd Allah ben
    ‘Amrw: “Vedo nei Libri sacri rivelati in
    precedenza la descrizione dell’Inviato di Dio:
    non è rude, né duro, non strepita nei mercati e
    non risponde al male col male, ma piuttosto
    perdona e tollera.” At-Tirmidhî tramanda da
    ‘Â’iša queste parole dell’Inviato di Dio: “Dio
    mi ha ordinato di essere estremamente gentile
    con la gente, ai limiti dello sdolcinato
    (amara-nî bi-mudârâti n-nâs), allo stesso modo
    in cui mi ha ordinato le opere obbligatorie
    della Religione (al-farâ’id).”

    Su queste parole coraniche,

    Al-Qušayrî dice:
    “Se avessi dato loro da
    bere puro il vino dell’Unità divina, senza
    annacquarlo con una ‘parte’ per loro, essi si
    sarebbero separati da te errando senza meta
    senza poter sostare neppure un attimo.”
    Analogamente, Al-Alûsî dice: “Se avessi loro
    esposto minuziosamente le norme proprie delle
    realtà principiali (ahkâmu l-haqâ’iq) il loro
    petto si sarebbe ristretto, e non avrebbero
    sopportato il peso proprio della realtà delle
    norme di educazione spirituale necessarie nella
    Via iniziatica. Tu invece hai avuto indulgenza
    nei loro confronti, per mezzo della Legge sacra
    e delle facilitazioni [che essa prevede].

    Ar-Râzî riporta questo
    hadith:
    “Non v’è mitezza maggiormente
    gradita a Dio della mitezza e dell’indulgenza di
    una guida spirituale (imâm). E non v’è ignoranza
    più odiosa agli occhi di Dio dell’ignoranza e
    della rozzezza di una guida spirituale.”
    Così l’Altissimo continua dicendo: «Usa loro
    clemenza, chiedi perdono per loro
    (astagfirla-hum), e consigliati con loro
    (šâwir-hum) sul da farsi (fî l-amr)». In effetti
    l’Inviato di Dio all’occasione chiedeva
    consiglio ai suoi Compagni, così da infodere
    loro entusiasmo in ciò che facevano. Il giorno
    di Badr ad esempio si consigliò con loro sul
    problema se andare o meno incontro alla carovana
    [dei meccani], ed essi dissero: “Inviato di Dio,
    se ci chiedessi a proposito di un vasto mare,
    noi lo attraverseremmo con te, e se ti
    incamminassi con noi verso Bark Al-Ghimâd
    [località nello lontano Yemen], noi verremmo con
    te. Noi non faremo come la gente di Mosè, che
    gli disse: «‘Va’ tu, col tuo Signore, e
    combattete voi due: noi staremo qua ad aspettare
    seduti’». (Cor.5,24)
    Ti diciamo invece: va’, e saremo con te. Combatteremo davanti a te, alla
    tua destra e alla tua sinistra.”
    (...) Anche il giorno di Uhud chiese consiglio, se fosse più opportuno
    rimanere a Medina o uscire e scontrarsi col
    nemico; i più dissero che era meglio affrontare
    il nemico in campo aperto, così che il Profeta
    ordinò di uscire dalla città per dare battaglia.
    Il giorno del fossato egli chiese consiglio sul
    fatto se fosse opportuno venire ad un
    accomodamento con le fazioni coalizzate
    [che circondavano Medina] offrendo loro un terzo
    della produzione dei datteri dell’oasi per
    quell’anno: Sa‘d ben Mu‘âdh e Sa‘d ben ‘Ibâda
    furono contrari, e l’idea fu accantonata.
    E ancora, il giorno di Al-Hudaybiyya chiese consiglio ai suoi Compagni sul
    fatto se fosse opportuno piombare sui figli
    degli idolatri; Abû Bakr il veridico allora
    disse: “Non siamo venuti per combattere, ma per
    compiere i riti del Pellegrinaggio minore
    (‘umra).” Il Profeta acconsentì al consiglio di
    Abû Bakr. A proposito poi della storia della
    calunnia [nei confronti di ‘Â’iša,] il Profeta
    disse: “Gente musulmana: consigliatemi a
    proposito di persone che hanno incolpato mia
    moglie: ma per Dio, io non conosco alcun male a
    carico di mia moglie! E hanno incolpato un uomo:
    ma per Dio, io non conosco alcun male a carico
    suo!”(il brano in corsivo lo citiamo da
    At-Tirmidhì - libro48, del Commento del Corano,
    capitolo sul commento della Sura della luce hd
    nr.3191, in quanto la versione riportata da Ibn
    Kathìr appare scorretta) . E chiese il consiglio
    di ‘Alî e di Usâma sul fatto se fosse il caso di
    separarsi da ‘Â’iša. E comunque il Profeta
    chiedeva consiglio ai suoi compagni nelle
    battaglie e in situazioni simili. I dotti non
    sono però concordi, ed hanno due diverse
    opinioni, su questo: la richiesta di consiglio
    era obbligatoria per il Profeta, o era invece
    solamente raccomandata, con lo scopo di
    rafforzare il cuore dei Compagni?. (...)
    Al-Kalbî tramanda queste parole di Ibn ‘Abbâs:
    “Il versetto è stato rivelato in riferimento ad
    Abû Bakr e a ‘Umar: essi infatti erano i due
    Apostoli dell’Inviato di Dio, i suoi due
    aiutanti particolari, i due padri dei
    Musulmani.” L’Imam Ahmad tramanda da ‘Abdu
    r-Rahmân ben Ganam: “L’Inviato di Dio, su di lui
    la preghiera e la pace divine, disse ad Abû Bakr
    e ad ‘Umar: ‘Se voi due siete d’accordo su di un
    suggerimento, io non mi oppongo’.” Ibn Mardawayh
    tramanda da ‘Alî ben Abî Tâlib: “Chiesero
    all’Inviato di Dio a proposito della ferma
    risolutezza (‘azm), e lui disse: ‘Essa consiste
    nel consultarsi con la gente della retta
    opinione (ahlu r-ra’y), e quindi nel seguirli’.”
    Ibn Mâgiah tramanda da Abû Hurayra queste parole
    del Profeta: “A colui al quale vien chiesto
    consiglio, viene affidato un incarico di
    fiducia.” (...) E sempre Ibn Mâgiah tramanda da
    Giâbir queste parole dell’Inviato di Dio:
    “Quando uno di voi chiede consiglio al suo
    fratello, questi dia il suo consiglio.”

    Al-Alûsî riporta da Ibn ‘Abbâs che quando furono
    rivelate le parole «consigliati con loro»,
    l’Inviato di Dio disse: “Dio e il Suo Inviato
    non hanno bisogno di chieder consiglio. Dio
    Altissimo però ha fatto della ‘richiesta di
    consiglio’ una misericordia per la mia comunità:
    chi, facendone parte, chiederà consiglio non
    rimarrà privo di guida, mentre chi tralascerà di
    chieder consiglio non mancherà di cadere in
    tentazione.” As-Suyûtî riporta da Anas queste
    parole dell’Inviato di Dio: “Chi chiede
    ispirazione a Dio (istakhâra) non fallisce, e
    chi chiede consiglio non se ne rammarica.” E
    sempre As-Suyûtî cita queste parole di Sufyân:
    “Ho appreso che il chieder consiglio è metà
    dell’intelligenza. E ‘Umar ben Al-Khattâb
    chiedeva consiglio anche alle donne.” Ar-Râzî
    dal canto suo ricorda come il verbo šâwara
    deriva dalla radice š-w-r, con significato primo
    di ‘estrarre il miele dal favo, smielare’.
    Dice Al-Qušayrî:
    “«Usa loro clemenza», perché il tuo giudizio
    (hukm) è il Nostro giudizio, così che tu non usi
    clemenza se non quando siamo Noi ad aver usato
    clemenza. Quindi lo distoglie da un tale
    attributo per mezzo di ciò che lo conferma nella
    stazione spirituale del servitore, e lo
    trasferisce alla caratterizzazione della
    separazione (tafriqa), dicendo ‘Sosta nel luogo
    dell’umiliazione, implorandoCi il loro perdono’.
    E così la Sua sunna (sia gloria a Lui) nei
    confronti dei Suoi Profeti e dei Suoi santi: li
    distoglie dalla sintesi (giam‘) trasferendoli
    alla separazione, quindi li distoglie dalla
    separazione trasferendoli nella sintesi; ed è
    per questo che prima dice «usa loro clemenza»,
    che è sintesi, per poi aggiungere «chiedi
    perdono per loro», che è separazione. (...)
    Quindi, dopo aver detto «chiedi perdono per
    loro, aggiunge «e consigliati con loro sul da
    farsi», e cioè stabilisci un ‘luogo’ per loro.
    Infatti, colui al quale viene usata clemenza ed
    è nelle ristrettezze della vergogna (fî sidâri
    l-khajla) non vede possibile per sé la stazione
    spirituale della nobile generosità; se dunque
    chiedi il loro consiglio, elimini in loro
    l’avvilimento (inkisâr) e profumi il loro
    cuore.”
    Dice Ibn ‘Arabî:
    “Il motivo che rende necessario il ‘prender
    consiglio’ è il fatto che al Vero appartiene in
    ogni essere esistenziato un ‘volto proprio’
    (wajh khâss) che non è in altri esseri. E a
    volte accade che il Vero, gloria a Lui, proietti
    su un certo essere, a proposito di una cosa
    qualsiasi, ciò che non proietta su un essere che
    pure gli è superiore di grado. Esempio ne sia la
    scienza dei nomi concessa ad Adamo, nonostante
    che il ‘Consesso supremo’ (al-malâ’u l-a‘lâ)
    fosse più nobile di lui presso Allah: eppure,
    Adamo ebbe qualcosa che essi non avevano (...).
    E se le cose stanno così, accade che il Profeta
    a volte sia solo riguardo a cose che egli stesso
    stabilisce nel mondo per il fatto di essere
    incaricato di regolare e di precisare, anche se
    non a partire dal pensiero razionale (fikr),
    visto che egli non fa certo parte di quanti
    agiscono solo in base al pensiero razionale.
    Altre volte invece nella sua attività
    regolatrice gli si associa un altro intelletto,
    che è come l’anima universale (an-nafsu
    l-kulliyya) (...). Egli infatti sa che a Dio
    Altissimo appartiene in ogni essere esistenziato
    un ‘volto proprio’ dal quale Egli proietta su di
    lui ciò che vuole, e che non appartiene ad altri
    ‘volti’. (...) Si potrebbe obiettare: Allah però
    gli ha insegnato la Sua sapienza riguardante le
    Sue creature, dal momento che dice, rivolgendosi
    [implicitamente] a lui [in un hadith qudsiyy nel
    quale sono riportate le seguenti parole dette da
    Dio al Calamo primordiale]: ‘Scrivi la Mia
    sapienza nella Mia creazione, sino al Giorno
    della Resurrezione’. Nel rispondere a tale
    obiezione si possono considerare due punti di
    vista. Secondo il primo, se anche è vero che il
    Profeta conosce ciò che esiste, pure si può
    ritenere che tanto il suo ‘chieder consiglio’
    quanto il fatto che qualcuno gli sia associato
    nella sua attività regolatrice facciano parte
    dei mezzi attraverso i quali Egli gli ha
    insegnato ciò che gli insegna dell’Essere.
    Analogamente, benché noi sappiamo che Allah ben
    conosce ciò che accade nel Suo creato, Egli dice
    «Noi vi metteremo alla prova, fino a quando
    sapremo»;(Cor.47,30) dunque, qualcosa di simile
    si riporta anche a proposito di Dio stesso,
    visto che [Egli dice «fino a quando sapremo»,
    sebbene] non esista chi possa ‘sapere’ più di
    Allah! D’altra parte, e questo è il secondo
    punto di vista secondo cui si può rispondere
    all’obiezione, noi sappiamo che ad Allah
    appartiene in ogni essere un ‘volto’ che lo
    caratterizza: e tale ‘volto’ divino non si
    definisce ‘creatura’. Così, Egli dice al Calamo:
    ‘Scrivi la Mia sapienza nella Mia creazione’ [fî
    khalqî, anche ‘nella Mia creatura’], e non dice
    ‘Scrivi la Mia sapienza nel volto che venendo da
    Me è posto singolarmente in ogni creatura’. Dio,
    sia gloria a Lui, può dare per un certo
    ‘motivo’, che è quello che il Calamo scrive
    della sapienza di Allah nella Sua creazione, ma
    può anche dare senza ‘motivo’, e si tratta del
    ‘volto proprio’, nel quale non si riconoscono né
    ‘motivi’ né creatura. Ecco che il ‘prender
    consiglio’ ha luogo perché si possa manifestare
    qualcosa che è possibile venga dalla sapienza di
    quel tale ‘volto’, così che colui col quale il
    Profeta si consiglia nella sua attività
    regolatrice proietta su di lui una conoscenza
    che gli è sopravvenuta da parte di Allah in
    ragione di quel ‘volto’ la cui sapienza non è
    stata scritta [dal Calamo], e non ha avuto luogo
    nell’aspetto creaturiale’.”(Al-futùhatu
    l-makkiyya, vol II cap.198, pag.423)
    Quindi l’Altissimo dice: «E quando hai acquisito
    ferma risolutezza (idhâ ‘azamta), affidati
    fiducioso a Dio (tawakkal ‘alâ-llah)», e cioè
    quando hai chiesto consiglio sul da farsi e hai
    preso la decisione, affidati a Dio nel
    realizzarla, «perché Dio ama coloro che a Lui si
    affidano».

    < Al-Mazharî > riporta da Ibn ‘Abbâs: “Il
    Profeta disse: ‘Settantamila della mia comunità
    entreranno in Paradiso senza rendiconto.’ Gli
    chiesero allora: ‘E chi sono, Inviato di Dio?’
    ‘Sono coloro che non si attribuiscono lodi
    immeritate, che non rubano, che non traggono
    cattivi auspici e che si affidano fiduciosi al
    loro Signore’.” E sempre Al-Mazharî riporta da
    ‘Umar ben Al-Khattâb queste altre parole del
    Profeta: “Se voi veramente vi affidaste a Dio
    come deve essere fatto, Egli provvederebbe a
    voi, allo stesso modo in cui provvede agli
    uccelli, che vanno
    affamati e tornano a pancia piena’.” E infatti,
    osserva Al-Mazharî, in un hadith qudsiyy Dio
    dice: “Io sono secondo il pensiero che il Mio
    servo ha di Me.”
    E sempre sul " fiducioso affidarsi " <> riporta
    ‘da un iniziato’ questo racconto: “Ero in una
    zona deserta, e m’ero allontanato precedendo la
    carovana, quand’ecco che vidi davanti a me una
    persona. Affrettai il passo sino a che la potei
    vedere distintamente: era una donna che teneva
    in mano una piccola otre per l’acqua e un
    bastone, e camminava tremolando. Pensai che
    fosse allo stremo, e allora mi misi la mano in
    tasca, ne trassi venti dirham e le dissi:
    ‘Prendi questi, e rimani qui sino a quando non
    passa la carovana e ti associ ad essa pagandone
    la quota; quindi quando si fa notte vieni da me,
    che aggiusto la tua situazione.’ Ma ecco che lei
    fece un cenno in aria, con la mano, così, ed
    ecco che teneva nel palmo molte monete d’oro.
    Quindi mi disse: ‘Tu hai preso le tue monete
    d’argento dalla tasca, e io ho preso le mie
    monete d’oro dall’invisibile’.”
    Infine, a proposito della proposizione coranica
    «quando hai acquisito ferma risolutezza,
    affidati a Dio»,<> riporta l’opinione di Gia‘far
    As-Sâdiq, secondo il quale in essa Dio ordina
    “la rettitudine (istiqâma) esteriore nei
    confronti delle creature, e la spogliazione
    interiore nei confronti del Vero.”
    Dice <> : “La realtà profonda del fiducioso
    affidarsi è costituita dalla contemplazione
    dell’attività decretante [di Dio, taqdîr],
    assieme al riposo del cuore che evita di
    caricarsi della tribolazione della gestione di
    sé (tadbîr). E «Dio ama coloro che a Lui si
    affidano» e fa loro gustare il vento fresco
    della ‘sufficienza’ (ki-fâya), così da eliminare
    ogni stanchezza e ogni fatica, perché Egli si
    comporta con ognuno secondo ciò che questi
    merita necessariamente. Così nel momento
    dell’‘affidarsi’ vi sono coloro che Egli
    arricchisce coi Suoi doni, coloro
    che Egli protegge con il Suo incontro, e infine
    coloro che Egli rende soddisfatti in ogni stato
    sino a che non si contentano della Sua
    permanenza, e sostano assieme a Lui, in Lui e
    per Lui, nonostante i muta-menti (talwînât)
    impliciti nei Suoi decreti.”
    Sull’intero versetto, osserva come “secondo
    alcuni Sufi esso si può intendere come rivolto
    allo Spirito dell’uomo (ar-rûhu l-insâniyy), che
    mostri tenerezza nei confronti dell’anima e
    delle sue facoltà passionali ed irritabili, così
    che essa possa avere interamente la parte che le
    spetta, alla qual cosa si collega il permanere
    della progenie e il miglioramento dei mezzi di
    vita; in caso contrario, tali facoltà si
    disperderebbero, la sapienza si guasterebbe e
    verrebbero meno quelle perfezioni per le quali
    l’uomo è stato creato.”
    Poi dice: «Se Dio vi soccorre (yansur-kum),
    nessuno vi potrà sconfiggere (lâ gâliba la-kum);
    ma se Dio vi abbandona, chi vi potrà soccorrere,
    dopo di Lui?» Questo versetto è analogo alle
    parole contenute nel v. 126 di questa stessa
    Sura, laddove è detto: «E la vittoria (nasr) non
    viene se non da Dio, il Potente, il Sapiente».
    Dopo di che ordina di affidarsi a Dio, e dice:
    «a Dio dunque si affidino fiduciosi coloro che
    hanno fede».
    Dice <> : “«Se Dio vi soccorre, nessuno vi potrà
    sconfiggere»: Egli interviene in favore
    dell’esteriore dei credenti col sostegno
    (tawfîq), e in favore del loro Spirito con la
    Realizzazione (tahqîq). (...) Quando si parla di
    soccorso vincente si intende ‘contro un nemico’,
    e il tuo peggior nemico è la tua anima (nafs).
    La vittoria sull’anima avviene quando le pretese
    che vengono dal suo vigore vengono sconfitte
    dalle difese della Sua misericordia, così che
    gli eserciti delle passioni vengono messi in
    rotta dall’assalto delle truppe delle divine
    condiscendenze (munâzalât), e la santità
    (wilâya) rimane rivolta esclusivamente a Dio,
    senza i dubbi delle pretese, che fan parte delle
    caratteristiche proprie dell’umanità
    individuale, e senza le passioni proprie
    dell’anima e le speranze ad esse connesse, che
    sono tracce dei veli e condizioni che
    impediscono la Vicinanza. «Ma se Dio vi
    abbandona», ecc.: colui che Egli abbandona lo
    lascia andare dove vuole, affidandolo alla sua
    pessima facoltà di scelta, e il suo stato si
    disunisce nei rigagnoli delle passioni: egli
    così una volta va a Oriente senza mostrar alcun
    pudore, e un’altra va ad Occidente senza
    ottenere alcun rispetto.”
    : “Alcuni ricordano come il soccorso di Allah
    nei confronti dei Suoi servi avviene in diversi
    modi. Egli infatti soccorre gli iniziati che con
    volontà si impegnano nella Via (murîdûn)
    reprimendo in loro le passioni; soccorre gli
    amanti (muhibbûn) con gli avvicinamenti; e
    soccorre i conoscitori (‘ârifûn) con lo
    svelamento delle contemplazioni.”

    Dice Al-Qâšânî:
    «Per quale misericordia da parte di Dio», e cioè
    è per il fatto che sei caratterizzato da una
    misericordia piena di clemenza (rahma
    rahîmiyya), e cioè da una misericordia completa,
    piena e perfetta, che costituisce una delle
    qualità divine, e che accompagna il tuo essere
    che è frutto di dono ed è divino (al-wugiûdu
    l-mawhûbu l-ilâhiyy), e non è l’essere ‘umano’
    individuale (al-wugiûdu l-bašariyy), è per
    questo che «hai mostrato dolcezza nei loro
    confronti. Se tu fossi stato rude»,
    caratterizzato dalle qualità proprie dell’anima,
    tra le quali la rudezza e la durezza, «essi si
    sarebbero dispersi lontani da te», perché a
    riunirli è la Misericordia Divina che fa sì che
    necessariamente essi ti amino.
    «Usa loro clemenza» per quei loro peccati che ti
    si riferiscono, visto che li vedi provenire da
    Allah, grazie allo sguardo dell’unità divina, e
    visto che la tua stazione spirituale è troppo
    elevata per poter essere danneggiata dalle
    azioni degli uomini e per provare stizza per
    esse, o per curare l’astio con la vendetta.
    E «chiedi perdono per loro» per ciò che si
    riferisce ad Allah, avendo avuto luogo la loro
    trascuratezza (gafla), ma anche il loro rimorso
    e la loro richiesta di scusa. «E consigliati con
    loro sul da farsi» riguardo la guerra ed altro,
    per rispetto nei loro confronti, ma «quando hai
    acquisito ferma risolutezza» rimetti la cosa a
    Dio affidandoti fiducioso a Lui, comprendendo
    che tutte le azioni, la vittoria e il soccorso,
    la conoscenza di ciò che è più opportuno e
    migliore, vengono da Lui, e non da te, e nemmeno
    dal loro consiglio.
    Quindi realizza il significato profondo del
    fiducioso affidarsi e dell’Unita delle azioni
    comprendendo le parole «Se Dio vi soccorre,
    nessuno vi potrà sconfiggere» ecc.
    - F I N E -
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      الوقت/التاريخ الآن هو الخميس 2 مايو - 4:53:41