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La lingua della Fede Aya10
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    La lingua della Fede

    الحلاجي محمد
    الحلاجي محمد
    Servo di Allah


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    religion La lingua della Fede

    مُساهمة من طرف الحلاجي محمد السبت 6 نوفمبر - 20:58:13

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    Durante la mia adolescenza, mentre assistevo a un corso di da’wah della durata di un mese, uno dei nostri professori, il dottor Mahmood Ghazi, di Islamabad, in Pakistan, ci parlò di un viaggio ufficiale che aveva effettuato in Vaticano. Ci raccontò come i membri della sua delegazione avessero avuto un incontro con degli alti esponenti ecclesiastici. Il dottor Ghazi aveva domandato a uno di essi: “Siete a conoscenza di qualche termine di cui siate certi al 100% che Gesù Cristo avrebbe pronunciato?”. Il prete si sentì un po’ a disagio, ma rispose onestamente che non vi era alcuna parola che potesse essere attribuita autenticamente a Gesù. In effeti, la lingua che Gesù parlava non esiste più. Il prete replicò: “E a proposito dei musulmani? Avete delle parole di cui siate certi al 100% che Muhammad avrebbe detto?”. Il dottor Ghazi sorrise (proprio come voi adesso, ne sono certo), e rispose: “Non soltanto possediamo delle biblioteche intere di libri, contenenti parole che sono state riportate con certezza dal nostro Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam), ma abbiamo anche una scienza chiamata “tajwîd”! Lo studio del tajwîd consiste nell’insegnare agli allievi la maniera esatta in cui il Profeta Muhammad (pace e benedizioni di Allah su di lui) pronunciava ogni sillaba e ogni vocale!”.In effetti, tutta la lode è dovuta ad Allah, Che ha protetto la nostra religione in tal modo.Che dire di noi, cari fratelli e sorelle? Abbiamo fatto la nostra parte per proteggere queste parole di Allah l’Altissimo e del Suo Messaggero (pace e benedizioni di Allah su di lui)?Rasûlullâh (sallAllahu ‘alayhi waSallam) disse: “Ballighu (informate, trasmettete, dite agli altri) a mio riguardo, non foss’altro che un’ayah”. Come possiamo fare ciò, se noi stessi non comprendiamo le ayât (versetti) che sono stati rivelati?Come possiamo pretendere di conoscere un testo, se non comprendiamo nemmeno la lingua nella quale fu rivelato? Allo scopo di compiere la missione che Allah Ta’ala e il Suo Messaggero (sallAllahu ‘alayhi waSallam) ci hanno affidato, diviene imperativo per noi padroneggiare la lingua dell’Islâm.Il compito di insegnare l’Islâm agli altri – di trasmettere foss’anche una sola ayah – è troppo importante perché ci permettiamo di sprecare ancora un’altra generazione. L’istruzione e l’educazione del nostro dîn devono inondare le nostre comunità, affinché possiamo avanzare come nazione guida.Il Corano è la maniera di Allah di comunicare con noi, di guidarci direttamente sulla Sua Via. Ma questa comunicazione ha davvero avuto luogo? Verificate in qualsiasi manuale di comunicazione a livello universitario, e scoprirete che la definizione di “comunicazione” è che un messaggio sia stato inviato, e sia stato ricevuto nel senso voluto dal mittente. Se io dico qualcosa e voi non riuscite a sentirmi, perché il microfono non funziona, o perché vi annoiate e sognate a occhi aperti, oppure non comprendete la lingua in cui mi esprimo, in questo caso non possiamo dire che vi sia stata comunicazione. Per citare un manuale di comunicazione: “Se il significato che voglio esprimere non è trasmesso, mi domando se la comunicazione si sia prodotta. Il linguaggio ha avuto luogo, delle parole sono state pronunciate. Ma non vi è alcun atto di comunicazione”.Lo stesso vale per ciò che riguarda le parole di Allah Ta’ala e del Suo Messaggero (sallAllahu ‘alayhi waSallam). Abbiamo davvero lasciato che Allah comunicasse con noi, se non abbiamo nemmeno assimilato il senso delle Sue parole?Il fatto che noi siamo in grado di comprendere globalmente una traduzione del Corano non significa che comprendiamo completamente il Corano. Vi sono talmente tante sottigliezze e sfumature che esistono in ogni lingua, che è del tutto impossibile rendere una traduzione perfetta.Se Rasûlullah (sallAllahu ‘alayhi waSallam) vi parlasse direttamente oggi – e con ogni evidenza, parlerebbe arabo – capireste ciò che vi stia dicendo? O avreste forse bisogno di un interprete? Vorreste cogliere ogni istante, comprende ogni consiglio che vi desse, invece restereste impotenti, incapaci di comunicare con lui o di comprendere la sua saggezza.Coloro che – prima di noi – ebbero tale privilegio, si trovarono del tutto cambiati di conseguenza. Poco tempo dopo le prime emigrazioni dei musulmani verso Habasha (l’Abissinia), Rasûlullâh (sallAllahu ‘alayhi waSallam) recitò la sûra “An-Najm” davanti alla Ka’bah. Mentre recitava, musulmani e miscredenti ascoltavano sbalorditi questi versetti arabi.Giunse agli ultimi versetti:Ma come, vi stupite di questo discorso? Ne riderete invece che piangerne o rimarrete indifferenti? Dunque prosternatevi davanti ad Allah e adorate! (Corano LIII. An-Najm, 59-62)In quel momento, Rasûlullâh (sallAllahu ‘alayhi waSallam) si gettò a terra, prosternandosi ad Allah. I musulmani lo imitarono, e tutti si prosternarono ad Allah.Ora, vorrei che voi immaginaste quanto accadde in seguito. Tutti i miscredenti che si trovavano lì riuniti, e ciascuno per conto suo, caddero a terra in prosternazione ad Allah! Erano talmente toccati dalla bellezza e dalla complessità del Corano, che non potevano rinnegare il messaggio che esso conteneva.In verità lo abbiamo fatto scendere come Corano arabo, affinché possiate comprendere (Corano XII. Yûsuf, 2)Ecco soltanto un esempio dell’impossibilità di tradurre il Corano in maniera perfetta: nella Sûra ‘Abasa, Allah Ta’ala dice a proposito del Giorno del Giudizio:Ma quando verrà il Fragore [as-Sakhah - الصَّاخَّةُ] (Corano LXXX. ‘Abasa, 33)La parola araba per questo rumore assordante è “sakhah” – il soffio della tromba che annuncerà la resurrezione e il giudizio dell’umanità per le sue azioni sulla terra. Sarà un momento incredibilmente travolgente. Analizzando la parola “sakhah”, voi date per scontato che questo termine si pronunci in due sillabe. Ma in arabo, questa parola è recitata con un prolungamento di 6 movimenti (harakat). Ascoltate il modo in cui si recita. È come se la stessa pronuncia della parola fosse una tromba che suona. In italiano, non si può prolungare la parola “fragore”. Dunque, non si può trasmettere completamente l’ampiezza del senso che Allah ha voluto comunicarci. Soltanto coloro che comprendono la lingua possono catturare il potere di ciascuna parola che Allah ha minuziosamente scelto di donarci.Ecco un altro esempio. Se voi, che parlate italiano, sentiste un padrone chiedere al suo domestico: “Portami dell’acqua”, capireste che il padrone vuole l’acqua subito, e non fra tre ore. Nulla indica il tempo nella frase, ma il senso vi è implicito. Ciò fa parte delle sfumature della lingua.Quando qualcuno dice: “La lingua araba mi è estranea”, ciò si traduce con “comprendere il Corano mi è estraneo”. Quando la lingua è sconosciuta (estranea) a qualcuno, ciò si traduce anche con: “la sunnah di Al-Mustafa (sallAllahu ‘alayhi waSallam) mi è estranea”.Chiunque ami Allah deve, in virtù di questo amore veridico, amare il Suo Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam). E chiunque ami Allah e il Suo Messaggero deve, in virtù di questo amore, amare la lingua araba, la lingua scelta da Allah. È la lingua del migliore dei libri. È la lingua parlata dal migliore degli uomini. È il miglior modo di comprendere tutte le altre scienze islamiche. Qualcuno che non apprenda mai l’arabo non potrà mai comprendere completamente il Corano né la Sunnah.Cos’ha di benefico per noi l’apprendimento dell’arabo?Innanzitutto: Ciò costruisce la nostra personalità. Come disse Ibn Taymiyyah (rahimahullah): “L’utilizzo di una lingua ha un impatto profondo sul modo di pensare, il comportamento e l’impegno religioso di una persona. Ciò influisce anche sulla somiglianza di una persona alle prime generazioni di questa Ummah, ossia i Sahâbah (Compagni) e i Tabi’în (Successori). Il fatto di cercare di imitarli forma il suo pensiero, il suo impegno religioso e il suo comportamento”.In secondo luogo: L’arabo è il nostro ponte con la cultura dell’Islâm. Senza dubbio, con l’apprendimento di questa lingua viene l’apprendimento del modo di pensare e di comportarsi come la cultura che parla questa lingua.Come insegnante di corsi estivi, ho insegnato inglese in un paese musulmano, e ho dovuto vergognosamente saltare diverse pagine che parlavano di alcool, di incontri proibiti e di oscenità. Questa è la cultura della lingua inglese. Immaginate la cultura benedetta e le conoscenze che attendono coloro che apprendono l’arabo.All’Università di Medina, ho avuto l’occasione di andare a scuola con dei musulmani d’Inghilterra, degli Stati Uniti e dell’Australia. Verso la fine dei nostri studi, discutevamo spesso tra noi riguardo a ciò che avremmo fatto una volta rientrati in Europa o in America. Alcuni studenti rimasero a Medina, accettando di insegnare inglese, per poter rimanere in questa città. Un fratello laureato rifiutò però con tatto tale offerta, spiegando: “Perché dovrei insegnare ai bambini musulmani arabi l’inglese, avendo l’occasione di recarmi in Europa e insegnare ai bambini musulmani europei l’arabo?”.Uno dei professori di arabo della scuola Al-Huda nel Maryland cominciò la sua carriera insegnando l’inglese ai musulmani nei paesi arabi. Constatò a qual punto ci si curasse della lingua inglese, e di quanto denaro venisse speso per insegnarlo e per studiarlo. Pensò dentro di sé che l’arabo, la lingua scelta da Allah, fosse più degno del nostro denaro, dei nostri sforzi e del nostro tempo. Rivoluzionò la sua carriera e decise di insegnare l’arabo agli anglofoni.In quanto immigrati o figli di immigrati, la maggior parte di noi parla due lingue. Siamo convinti di dover apprendere l’inglese per poter compiere il nostro cammino in questo mondo. Ora, dobbiamo ricordarci che dobbiamo imparare l’arabo per poter compiere il nostro cammino nell’Altro mondo.Non lasciamo nessun musulmano pensare che l’arabo non sia la sua lingua.È la lingua della nostra religione. Invitare la gente a questa lingua non è un appello nazionalista. È un appello al musulmano, perché alzi la testa e dica: “La mia fede ha una lingua, ed è l’arabo!”Muhammad Ash-Sharîf

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