Nel nome di Dio
misericordioso clemente
Il carattere (khuluq) del
Profeta Muhammad
Allàh l'Altissimo nel Suo Nobile Corano ci
incita a seguire come modello per il nostro
"perfezionamento" il Suo Inviato Saiyydinà
Muhammad - le benedizioni di Allàh e la pace su
di lui - : "Voi avete nell'Inviato di Allàh un
modello sublime, per chi spera in Allàh e
nell'Ultimo giorno e molto ricorda Allàh"
(Corano Sura Al-Ahzàb 33 vers.21)
Allàh l'Altissimo nel Suo Nobile Corano ci
descrive inoltre qual'è il carattere "khuluq"
con il quale ha mandato Saiyydinà Muhammad - le
benedizioni di Allàh e la pace su di lui- alle
Sue creature: " Per quale misericordia da parte
di Dio hai mostrato dolcezza nei loro confronti?
Se tu fossi stato rude e duro di cuore essi si
sarebbero dispersi lontani da te. Usa loro
clemenza, chiedi perdono per loro, e consigliati
con loro sul da farsi..." (Corano Sura Al-Imran
3, vers. 159)
Tutti i Maestri (Shuyukh) del Tasawwuf si sono
"conformati" a questo "modello sublime" seguendo
la sua Sunna (modo di agire e di fare del
Profeta) in ogni loro pensiero e azione e
insegnando a loro volta, più con gli atti e gli
stati (hàl) che con le parole, questa Via
(Tariqa Muhammadiyya) ai loro discepoli.
Ho pensato perciò che potrà trovare interesse la
seguente pubblicazione di alcuni commentari
(Tafsir) della Sura sopracitata "sul carattere
del Profeta" (Cor.3,159-60) per cogliere ancor
di più la bellezza e l'elevatezza degli
insegnamenti di Allàh l'Altissimo che ci ha
voluto dare con questo Suo nobile versetto, in
cha Allàh.
NB- Queste pagine che riportiamo sono tratte dal
Libro che verrà pubblicato a breve : «La Sura
della Famiglia di Imran nella Sapienza Islamica»
di Ludovico Zamboni - GEI Gruppo Editoriale
l’Idea. Il III Capitolo (Sura) del Corano alla
luce dei commenti di Ibn Kathìr e Al Qâsânî
tradotti direttamente dai Testi in lingua Araba
da Ludovico Zamboni, il quale ci ha gentilmente
concesso di pubblicare qui in anteprima, che
Allàh lo ricompensi e sia soddisfatto del suo
lavoro. Chi ne facesse uso è pregato gentilmente
di riportare la provenienza di queste pagine,
grazie.
Nel testo che riportiamo il carattere "normale"
è dedicato alla traduzione dei commenti di Ibn
Kathìr e di Al-Qàsànì.
il carattere in grassetto a quello dei versetti
del Corano
il carattere in corsivo alle note di Ludovico
Zamboni
Tafsir (commentario) del versetto 159-60 della
Sura Al-Imràn - 3
[Sul carattere del Profeta (s.a.s.)]
Testo
«159) Per quale misericordia da parte di Dio hai
mostrato dolcezza nei loro confronti? Se tu
fossi stato rude e duro di cuore essi si
sarebbero dispersi lontani da te. Usa loro
clemenza, chiedi perdono per loro, e consigliati
con loro sul da farsi. E quando hai acquisito
ferma risolutezza, affidati fiducioso a Dio,
perché Dio ama coloro che a Lui si affidano.
160) Se Dio vi soccorre, nessuno vi potrà
sconfiggere; ma se Dio vi abbandona, chi vi
potrà soccorrere, dopo di Lui? A Dio dunque si
affidino fiduciosi coloro che hanno fede.»
Dice Ibn Al-Kathìr:
L’Altissimo si rivolge al Suo Inviato, pieno di
benevolenza nei confronti suoi e dei credenti,
parlandogli di come ha reso tenero il suo cuore
a riguardo della sua comunità, nei confronti
cioè di coloro che seguono i suoi ordini e
cessano di rivoltarsi contro di lui, e di come
ha fatto sì che le sue parole sembrassero loro
gradevoli, e dice: «Per quale misericordia
(bi-mâ rahmatin) da parte di Dio hai mostrato
dolcezza (linta) nei loro confronti?» E cioè,
per mezzo di cosa Dio ha fatto sì che tu fossi
dolce con loro, se non per la misericordia di
Dio nei tuoi e nei loro confronti? Qatâda dice:
“Il significato è ‘Per misericordia da parte di
Dio tu hai mostrato dolcezza nei loro
confronti’. La particella mâ infatti in questo
caso è una semplice congiunzione.” (...)
Dice Al-Hasan Al-Basrî:
“Qui si parla del carattere (khuluq) col
quale Dio ha mandato Muhammad, e questo nobile
versetto somiglia alle parole dell’Altissimo «È
venuto a voi un Inviato che viene da voi stessi,
al quale pesa ciò che commettete e che ha cura
di voi, pietoso e clemente con i credenti» (Cor.
9,128).
L’Imam Ahmad tramanda da
Abû Râšid Al-Harrânî: “Abû Umâma Al-Bâhilî mi
prese per mano e mi disse: ‘L’Inviato di
Dio mi prese per mano, e mi disse: Abû Umâma, vi
sono alcuni credenti verso i quali il mio cuore
ha tenerezza’.”
Al-Qušayrî: “Se non
fosse stato per una forza divina che il Vero gli
riservava, come avrebbe potuto l’Inviato di Dio
sopportare la compagnia degli uomini? Non vedi
che Mosè, appena dopo aver udito la Sua parola,
non sopportava neppure di parlare con suo
fratello, e gli prendeva la testa, tirandola a
sé?(Cor.20,92-4) O ancora: se il Profeta (su di
lui la pace e la preghiera divine) non li avesse
guardati [con un occhio che] cancellava quelle
norme proprie del mutamento (ahkâmu t-tasrîf)
che avevano corso in loro, realizzando che era
Allah a dar origine ad esse, come avrebbe potuto
sopportare la loro compagnia?
Quindi l’Altissimo dice: «Se tu fossi stato rude
(fazz) e duro (galîz) di cuore essi si sarebbero
dispersi lontani da te». Il termine fazz è
simile nel significato a galîz, così che il
significato è ‘se tu fossi stato duro con la
parola e col cuore’, o in altre parole ‘se tu ti
fossi rivolto a loro con parole violente, e col
cuore duro, essi si sarebbero allontanati da te,
lasciandoti; Dio però li ha uniti a te facendo
sì che tu fossi dolce con loro, così da
ammansire i loro cuori’. Dice ‘Abd Allah ben
‘Amrw: “Vedo nei Libri sacri rivelati in
precedenza la descrizione dell’Inviato di Dio:
non è rude, né duro, non strepita nei mercati e
non risponde al male col male, ma piuttosto
perdona e tollera.” At-Tirmidhî tramanda da
‘Â’iša queste parole dell’Inviato di Dio: “Dio
mi ha ordinato di essere estremamente gentile
con la gente, ai limiti dello sdolcinato
(amara-nî bi-mudârâti n-nâs), allo stesso modo
in cui mi ha ordinato le opere obbligatorie
della Religione (al-farâ’id).”
Su queste parole coraniche,
Al-Qušayrî dice: “Se avessi dato loro da
bere puro il vino dell’Unità divina, senza
annacquarlo con una ‘parte’ per loro, essi si
sarebbero separati da te errando senza meta
senza poter sostare neppure un attimo.”
Analogamente, Al-Alûsî dice: “Se avessi loro
esposto minuziosamente le norme proprie delle
realtà principiali (ahkâmu l-haqâ’iq) il loro
petto si sarebbe ristretto, e non avrebbero
sopportato il peso proprio della realtà delle
norme di educazione spirituale necessarie nella
Via iniziatica. Tu invece hai avuto indulgenza
nei loro confronti, per mezzo della Legge sacra
e delle facilitazioni [che essa prevede].
” Ar-Râzî riporta questo
hadith: “Non v’è mitezza maggiormente
gradita a Dio della mitezza e dell’indulgenza di
una guida spirituale (imâm). E non v’è ignoranza
più odiosa agli occhi di Dio dell’ignoranza e
della rozzezza di una guida spirituale.”
Così l’Altissimo continua dicendo: «Usa loro
clemenza, chiedi perdono per loro
(astagfirla-hum), e consigliati con loro
(šâwir-hum) sul da farsi (fî l-amr)». In effetti
l’Inviato di Dio all’occasione chiedeva
consiglio ai suoi Compagni, così da infodere
loro entusiasmo in ciò che facevano. Il giorno
di Badr ad esempio si consigliò con loro sul
problema se andare o meno incontro alla carovana
[dei meccani], ed essi dissero: “Inviato di Dio,
se ci chiedessi a proposito di un vasto mare,
noi lo attraverseremmo con te, e se ti
incamminassi con noi verso Bark Al-Ghimâd
[località nello lontano Yemen], noi verremmo con
te. Noi non faremo come la gente di Mosè, che
gli disse: «‘Va’ tu, col tuo Signore, e
combattete voi due: noi staremo qua ad aspettare
seduti’». (Cor.5,24)
Ti diciamo invece: va’, e saremo con te. Combatteremo davanti a te, alla
tua destra e alla tua sinistra.”
(...) Anche il giorno di Uhud chiese consiglio, se fosse più opportuno
rimanere a Medina o uscire e scontrarsi col
nemico; i più dissero che era meglio affrontare
il nemico in campo aperto, così che il Profeta
ordinò di uscire dalla città per dare battaglia.
Il giorno del fossato egli chiese consiglio sul
fatto se fosse opportuno venire ad un
accomodamento con le fazioni coalizzate
[che circondavano Medina] offrendo loro un terzo
della produzione dei datteri dell’oasi per
quell’anno: Sa‘d ben Mu‘âdh e Sa‘d ben ‘Ibâda
furono contrari, e l’idea fu accantonata.
E ancora, il giorno di Al-Hudaybiyya chiese consiglio ai suoi Compagni sul
fatto se fosse opportuno piombare sui figli
degli idolatri; Abû Bakr il veridico allora
disse: “Non siamo venuti per combattere, ma per
compiere i riti del Pellegrinaggio minore
(‘umra).” Il Profeta acconsentì al consiglio di
Abû Bakr. A proposito poi della storia della
calunnia [nei confronti di ‘Â’iša,] il Profeta
disse: “Gente musulmana: consigliatemi a
proposito di persone che hanno incolpato mia
moglie: ma per Dio, io non conosco alcun male a
carico di mia moglie! E hanno incolpato un uomo:
ma per Dio, io non conosco alcun male a carico
suo!”(il brano in corsivo lo citiamo da
At-Tirmidhì - libro48, del Commento del Corano,
capitolo sul commento della Sura della luce hd
nr.3191, in quanto la versione riportata da Ibn
Kathìr appare scorretta) . E chiese il consiglio
di ‘Alî e di Usâma sul fatto se fosse il caso di
separarsi da ‘Â’iša. E comunque il Profeta
chiedeva consiglio ai suoi compagni nelle
battaglie e in situazioni simili. I dotti non
sono però concordi, ed hanno due diverse
opinioni, su questo: la richiesta di consiglio
era obbligatoria per il Profeta, o era invece
solamente raccomandata, con lo scopo di
rafforzare il cuore dei Compagni?. (...)
Al-Kalbî tramanda queste parole di Ibn ‘Abbâs:
“Il versetto è stato rivelato in riferimento ad
Abû Bakr e a ‘Umar: essi infatti erano i due
Apostoli dell’Inviato di Dio, i suoi due
aiutanti particolari, i due padri dei
Musulmani.” L’Imam Ahmad tramanda da ‘Abdu
r-Rahmân ben Ganam: “L’Inviato di Dio, su di lui
la preghiera e la pace divine, disse ad Abû Bakr
e ad ‘Umar: ‘Se voi due siete d’accordo su di un
suggerimento, io non mi oppongo’.” Ibn Mardawayh
tramanda da ‘Alî ben Abî Tâlib: “Chiesero
all’Inviato di Dio a proposito della ferma
risolutezza (‘azm), e lui disse: ‘Essa consiste
nel consultarsi con la gente della retta
opinione (ahlu r-ra’y), e quindi nel seguirli’.”
Ibn Mâgiah tramanda da Abû Hurayra queste parole
del Profeta: “A colui al quale vien chiesto
consiglio, viene affidato un incarico di
fiducia.” (...) E sempre Ibn Mâgiah tramanda da
Giâbir queste parole dell’Inviato di Dio:
“Quando uno di voi chiede consiglio al suo
fratello, questi dia il suo consiglio.”
Al-Alûsî riporta da Ibn ‘Abbâs che quando furono
rivelate le parole «consigliati con loro»,
l’Inviato di Dio disse: “Dio e il Suo Inviato
non hanno bisogno di chieder consiglio. Dio
Altissimo però ha fatto della ‘richiesta di
consiglio’ una misericordia per la mia comunità:
chi, facendone parte, chiederà consiglio non
rimarrà privo di guida, mentre chi tralascerà di
chieder consiglio non mancherà di cadere in
tentazione.” As-Suyûtî riporta da Anas queste
parole dell’Inviato di Dio: “Chi chiede
ispirazione a Dio (istakhâra) non fallisce, e
chi chiede consiglio non se ne rammarica.” E
sempre As-Suyûtî cita queste parole di Sufyân:
“Ho appreso che il chieder consiglio è metà
dell’intelligenza. E ‘Umar ben Al-Khattâb
chiedeva consiglio anche alle donne.” Ar-Râzî
dal canto suo ricorda come il verbo šâwara
deriva dalla radice š-w-r, con significato primo
di ‘estrarre il miele dal favo, smielare’.
Dice Al-Qušayrî:
“«Usa loro clemenza», perché il tuo giudizio
(hukm) è il Nostro giudizio, così che tu non usi
clemenza se non quando siamo Noi ad aver usato
clemenza. Quindi lo distoglie da un tale
attributo per mezzo di ciò che lo conferma nella
stazione spirituale del servitore, e lo
trasferisce alla caratterizzazione della
separazione (tafriqa), dicendo ‘Sosta nel luogo
dell’umiliazione, implorandoCi il loro perdono’.
E così la Sua sunna (sia gloria a Lui) nei
confronti dei Suoi Profeti e dei Suoi santi: li
distoglie dalla sintesi (giam‘) trasferendoli
alla separazione, quindi li distoglie dalla
separazione trasferendoli nella sintesi; ed è
per questo che prima dice «usa loro clemenza»,
che è sintesi, per poi aggiungere «chiedi
perdono per loro», che è separazione. (...)
Quindi, dopo aver detto «chiedi perdono per
loro, aggiunge «e consigliati con loro sul da
farsi», e cioè stabilisci un ‘luogo’ per loro.
Infatti, colui al quale viene usata clemenza ed
è nelle ristrettezze della vergogna (fî sidâri
l-khajla) non vede possibile per sé la stazione
spirituale della nobile generosità; se dunque
chiedi il loro consiglio, elimini in loro
l’avvilimento (inkisâr) e profumi il loro
cuore.”
Dice Ibn ‘Arabî:
“Il motivo che rende necessario il ‘prender
consiglio’ è il fatto che al Vero appartiene in
ogni essere esistenziato un ‘volto proprio’
(wajh khâss) che non è in altri esseri. E a
volte accade che il Vero, gloria a Lui, proietti
su un certo essere, a proposito di una cosa
qualsiasi, ciò che non proietta su un essere che
pure gli è superiore di grado. Esempio ne sia la
scienza dei nomi concessa ad Adamo, nonostante
che il ‘Consesso supremo’ (al-malâ’u l-a‘lâ)
fosse più nobile di lui presso Allah: eppure,
Adamo ebbe qualcosa che essi non avevano (...).
E se le cose stanno così, accade che il Profeta
a volte sia solo riguardo a cose che egli stesso
stabilisce nel mondo per il fatto di essere
incaricato di regolare e di precisare, anche se
non a partire dal pensiero razionale (fikr),
visto che egli non fa certo parte di quanti
agiscono solo in base al pensiero razionale.
Altre volte invece nella sua attività
regolatrice gli si associa un altro intelletto,
che è come l’anima universale (an-nafsu
l-kulliyya) (...). Egli infatti sa che a Dio
Altissimo appartiene in ogni essere esistenziato
un ‘volto proprio’ dal quale Egli proietta su di
lui ciò che vuole, e che non appartiene ad altri
‘volti’. (...) Si potrebbe obiettare: Allah però
gli ha insegnato la Sua sapienza riguardante le
Sue creature, dal momento che dice, rivolgendosi
[implicitamente] a lui [in un hadith qudsiyy nel
quale sono riportate le seguenti parole dette da
Dio al Calamo primordiale]: ‘Scrivi la Mia
sapienza nella Mia creazione, sino al Giorno
della Resurrezione’. Nel rispondere a tale
obiezione si possono considerare due punti di
vista. Secondo il primo, se anche è vero che il
Profeta conosce ciò che esiste, pure si può
ritenere che tanto il suo ‘chieder consiglio’
quanto il fatto che qualcuno gli sia associato
nella sua attività regolatrice facciano parte
dei mezzi attraverso i quali Egli gli ha
insegnato ciò che gli insegna dell’Essere.
Analogamente, benché noi sappiamo che Allah ben
conosce ciò che accade nel Suo creato, Egli dice
«Noi vi metteremo alla prova, fino a quando
sapremo»;(Cor.47,30) dunque, qualcosa di simile
si riporta anche a proposito di Dio stesso,
visto che [Egli dice «fino a quando sapremo»,
sebbene] non esista chi possa ‘sapere’ più di
Allah! D’altra parte, e questo è il secondo
punto di vista secondo cui si può rispondere
all’obiezione, noi sappiamo che ad Allah
appartiene in ogni essere un ‘volto’ che lo
caratterizza: e tale ‘volto’ divino non si
definisce ‘creatura’. Così, Egli dice al Calamo:
‘Scrivi la Mia sapienza nella Mia creazione’ [fî
khalqî, anche ‘nella Mia creatura’], e non dice
‘Scrivi la Mia sapienza nel volto che venendo da
Me è posto singolarmente in ogni creatura’. Dio,
sia gloria a Lui, può dare per un certo
‘motivo’, che è quello che il Calamo scrive
della sapienza di Allah nella Sua creazione, ma
può anche dare senza ‘motivo’, e si tratta del
‘volto proprio’, nel quale non si riconoscono né
‘motivi’ né creatura. Ecco che il ‘prender
consiglio’ ha luogo perché si possa manifestare
qualcosa che è possibile venga dalla sapienza di
quel tale ‘volto’, così che colui col quale il
Profeta si consiglia nella sua attività
regolatrice proietta su di lui una conoscenza
che gli è sopravvenuta da parte di Allah in
ragione di quel ‘volto’ la cui sapienza non è
stata scritta [dal Calamo], e non ha avuto luogo
nell’aspetto creaturiale’.”(Al-futùhatu
l-makkiyya, vol II cap.198, pag.423)
Quindi l’Altissimo dice: «E quando hai acquisito
ferma risolutezza (idhâ ‘azamta), affidati
fiducioso a Dio (tawakkal ‘alâ-llah)», e cioè
quando hai chiesto consiglio sul da farsi e hai
preso la decisione, affidati a Dio nel
realizzarla, «perché Dio ama coloro che a Lui si
affidano».
< Al-Mazharî > riporta da Ibn ‘Abbâs: “Il
Profeta disse: ‘Settantamila della mia comunità
entreranno in Paradiso senza rendiconto.’ Gli
chiesero allora: ‘E chi sono, Inviato di Dio?’
‘Sono coloro che non si attribuiscono lodi
immeritate, che non rubano, che non traggono
cattivi auspici e che si affidano fiduciosi al
loro Signore’.” E sempre Al-Mazharî riporta da
‘Umar ben Al-Khattâb queste altre parole del
Profeta: “Se voi veramente vi affidaste a Dio
come deve essere fatto, Egli provvederebbe a
voi, allo stesso modo in cui provvede agli
uccelli, che vanno
affamati e tornano a pancia piena’.” E infatti,
osserva Al-Mazharî, in un hadith qudsiyy Dio
dice: “Io sono secondo il pensiero che il Mio
servo ha di Me.”
E sempre sul " fiducioso affidarsi " <> riporta
‘da un iniziato’ questo racconto: “Ero in una
zona deserta, e m’ero allontanato precedendo la
carovana, quand’ecco che vidi davanti a me una
persona. Affrettai il passo sino a che la potei
vedere distintamente: era una donna che teneva
in mano una piccola otre per l’acqua e un
bastone, e camminava tremolando. Pensai che
fosse allo stremo, e allora mi misi la mano in
tasca, ne trassi venti dirham e le dissi:
‘Prendi questi, e rimani qui sino a quando non
passa la carovana e ti associ ad essa pagandone
la quota; quindi quando si fa notte vieni da me,
che aggiusto la tua situazione.’ Ma ecco che lei
fece un cenno in aria, con la mano, così, ed
ecco che teneva nel palmo molte monete d’oro.
Quindi mi disse: ‘Tu hai preso le tue monete
d’argento dalla tasca, e io ho preso le mie
monete d’oro dall’invisibile’.”
Infine, a proposito della proposizione coranica
«quando hai acquisito ferma risolutezza,
affidati a Dio»,<> riporta l’opinione di Gia‘far
As-Sâdiq, secondo il quale in essa Dio ordina
“la rettitudine (istiqâma) esteriore nei
confronti delle creature, e la spogliazione
interiore nei confronti del Vero.”
Dice <> : “La realtà profonda del fiducioso
affidarsi è costituita dalla contemplazione
dell’attività decretante [di Dio, taqdîr],
assieme al riposo del cuore che evita di
caricarsi della tribolazione della gestione di
sé (tadbîr). E «Dio ama coloro che a Lui si
affidano» e fa loro gustare il vento fresco
della ‘sufficienza’ (ki-fâya), così da eliminare
ogni stanchezza e ogni fatica, perché Egli si
comporta con ognuno secondo ciò che questi
merita necessariamente. Così nel momento
dell’‘affidarsi’ vi sono coloro che Egli
arricchisce coi Suoi doni, coloro
che Egli protegge con il Suo incontro, e infine
coloro che Egli rende soddisfatti in ogni stato
sino a che non si contentano della Sua
permanenza, e sostano assieme a Lui, in Lui e
per Lui, nonostante i muta-menti (talwînât)
impliciti nei Suoi decreti.”
Sull’intero versetto, osserva come “secondo
alcuni Sufi esso si può intendere come rivolto
allo Spirito dell’uomo (ar-rûhu l-insâniyy), che
mostri tenerezza nei confronti dell’anima e
delle sue facoltà passionali ed irritabili, così
che essa possa avere interamente la parte che le
spetta, alla qual cosa si collega il permanere
della progenie e il miglioramento dei mezzi di
vita; in caso contrario, tali facoltà si
disperderebbero, la sapienza si guasterebbe e
verrebbero meno quelle perfezioni per le quali
l’uomo è stato creato.”
Poi dice: «Se Dio vi soccorre (yansur-kum),
nessuno vi potrà sconfiggere (lâ gâliba la-kum);
ma se Dio vi abbandona, chi vi potrà soccorrere,
dopo di Lui?» Questo versetto è analogo alle
parole contenute nel v. 126 di questa stessa
Sura, laddove è detto: «E la vittoria (nasr) non
viene se non da Dio, il Potente, il Sapiente».
Dopo di che ordina di affidarsi a Dio, e dice:
«a Dio dunque si affidino fiduciosi coloro che
hanno fede».
Dice <> : “«Se Dio vi soccorre, nessuno vi potrà
sconfiggere»: Egli interviene in favore
dell’esteriore dei credenti col sostegno
(tawfîq), e in favore del loro Spirito con la
Realizzazione (tahqîq). (...) Quando si parla di
soccorso vincente si intende ‘contro un nemico’,
e il tuo peggior nemico è la tua anima (nafs).
La vittoria sull’anima avviene quando le pretese
che vengono dal suo vigore vengono sconfitte
dalle difese della Sua misericordia, così che
gli eserciti delle passioni vengono messi in
rotta dall’assalto delle truppe delle divine
condiscendenze (munâzalât), e la santità
(wilâya) rimane rivolta esclusivamente a Dio,
senza i dubbi delle pretese, che fan parte delle
caratteristiche proprie dell’umanità
individuale, e senza le passioni proprie
dell’anima e le speranze ad esse connesse, che
sono tracce dei veli e condizioni che
impediscono la Vicinanza. «Ma se Dio vi
abbandona», ecc.: colui che Egli abbandona lo
lascia andare dove vuole, affidandolo alla sua
pessima facoltà di scelta, e il suo stato si
disunisce nei rigagnoli delle passioni: egli
così una volta va a Oriente senza mostrar alcun
pudore, e un’altra va ad Occidente senza
ottenere alcun rispetto.”
: “Alcuni ricordano come il soccorso di Allah
nei confronti dei Suoi servi avviene in diversi
modi. Egli infatti soccorre gli iniziati che con
volontà si impegnano nella Via (murîdûn)
reprimendo in loro le passioni; soccorre gli
amanti (muhibbûn) con gli avvicinamenti; e
soccorre i conoscitori (‘ârifûn) con lo
svelamento delle contemplazioni.”
Dice Al-Qâšânî:
«Per quale misericordia da parte di Dio», e cioè
è per il fatto che sei caratterizzato da una
misericordia piena di clemenza (rahma
rahîmiyya), e cioè da una misericordia completa,
piena e perfetta, che costituisce una delle
qualità divine, e che accompagna il tuo essere
che è frutto di dono ed è divino (al-wugiûdu
l-mawhûbu l-ilâhiyy), e non è l’essere ‘umano’
individuale (al-wugiûdu l-bašariyy), è per
questo che «hai mostrato dolcezza nei loro
confronti. Se tu fossi stato rude»,
caratterizzato dalle qualità proprie dell’anima,
tra le quali la rudezza e la durezza, «essi si
sarebbero dispersi lontani da te», perché a
riunirli è la Misericordia Divina che fa sì che
necessariamente essi ti amino.
«Usa loro clemenza» per quei loro peccati che ti
si riferiscono, visto che li vedi provenire da
Allah, grazie allo sguardo dell’unità divina, e
visto che la tua stazione spirituale è troppo
elevata per poter essere danneggiata dalle
azioni degli uomini e per provare stizza per
esse, o per curare l’astio con la vendetta.
E «chiedi perdono per loro» per ciò che si
riferisce ad Allah, avendo avuto luogo la loro
trascuratezza (gafla), ma anche il loro rimorso
e la loro richiesta di scusa. «E consigliati con
loro sul da farsi» riguardo la guerra ed altro,
per rispetto nei loro confronti, ma «quando hai
acquisito ferma risolutezza» rimetti la cosa a
Dio affidandoti fiducioso a Lui, comprendendo
che tutte le azioni, la vittoria e il soccorso,
la conoscenza di ciò che è più opportuno e
migliore, vengono da Lui, e non da te, e nemmeno
dal loro consiglio.
Quindi realizza il significato profondo del
fiducioso affidarsi e dell’Unita delle azioni
comprendendo le parole «Se Dio vi soccorre,
nessuno vi potrà sconfiggere» ecc.
- F I N E -
*********
misericordioso clemente
Il carattere (khuluq) del
Profeta Muhammad
Allàh l'Altissimo nel Suo Nobile Corano ci
incita a seguire come modello per il nostro
"perfezionamento" il Suo Inviato Saiyydinà
Muhammad - le benedizioni di Allàh e la pace su
di lui - : "Voi avete nell'Inviato di Allàh un
modello sublime, per chi spera in Allàh e
nell'Ultimo giorno e molto ricorda Allàh"
(Corano Sura Al-Ahzàb 33 vers.21)
Allàh l'Altissimo nel Suo Nobile Corano ci
descrive inoltre qual'è il carattere "khuluq"
con il quale ha mandato Saiyydinà Muhammad - le
benedizioni di Allàh e la pace su di lui- alle
Sue creature: " Per quale misericordia da parte
di Dio hai mostrato dolcezza nei loro confronti?
Se tu fossi stato rude e duro di cuore essi si
sarebbero dispersi lontani da te. Usa loro
clemenza, chiedi perdono per loro, e consigliati
con loro sul da farsi..." (Corano Sura Al-Imran
3, vers. 159)
Tutti i Maestri (Shuyukh) del Tasawwuf si sono
"conformati" a questo "modello sublime" seguendo
la sua Sunna (modo di agire e di fare del
Profeta) in ogni loro pensiero e azione e
insegnando a loro volta, più con gli atti e gli
stati (hàl) che con le parole, questa Via
(Tariqa Muhammadiyya) ai loro discepoli.
Ho pensato perciò che potrà trovare interesse la
seguente pubblicazione di alcuni commentari
(Tafsir) della Sura sopracitata "sul carattere
del Profeta" (Cor.3,159-60) per cogliere ancor
di più la bellezza e l'elevatezza degli
insegnamenti di Allàh l'Altissimo che ci ha
voluto dare con questo Suo nobile versetto, in
cha Allàh.
NB- Queste pagine che riportiamo sono tratte dal
Libro che verrà pubblicato a breve : «La Sura
della Famiglia di Imran nella Sapienza Islamica»
di Ludovico Zamboni - GEI Gruppo Editoriale
l’Idea. Il III Capitolo (Sura) del Corano alla
luce dei commenti di Ibn Kathìr e Al Qâsânî
tradotti direttamente dai Testi in lingua Araba
da Ludovico Zamboni, il quale ci ha gentilmente
concesso di pubblicare qui in anteprima, che
Allàh lo ricompensi e sia soddisfatto del suo
lavoro. Chi ne facesse uso è pregato gentilmente
di riportare la provenienza di queste pagine,
grazie.
Nel testo che riportiamo il carattere "normale"
è dedicato alla traduzione dei commenti di Ibn
Kathìr e di Al-Qàsànì.
il carattere in grassetto a quello dei versetti
del Corano
il carattere in corsivo alle note di Ludovico
Zamboni
Tafsir (commentario) del versetto 159-60 della
Sura Al-Imràn - 3
[Sul carattere del Profeta (s.a.s.)]
Testo
«159) Per quale misericordia da parte di Dio hai
mostrato dolcezza nei loro confronti? Se tu
fossi stato rude e duro di cuore essi si
sarebbero dispersi lontani da te. Usa loro
clemenza, chiedi perdono per loro, e consigliati
con loro sul da farsi. E quando hai acquisito
ferma risolutezza, affidati fiducioso a Dio,
perché Dio ama coloro che a Lui si affidano.
160) Se Dio vi soccorre, nessuno vi potrà
sconfiggere; ma se Dio vi abbandona, chi vi
potrà soccorrere, dopo di Lui? A Dio dunque si
affidino fiduciosi coloro che hanno fede.»
Dice Ibn Al-Kathìr:
L’Altissimo si rivolge al Suo Inviato, pieno di
benevolenza nei confronti suoi e dei credenti,
parlandogli di come ha reso tenero il suo cuore
a riguardo della sua comunità, nei confronti
cioè di coloro che seguono i suoi ordini e
cessano di rivoltarsi contro di lui, e di come
ha fatto sì che le sue parole sembrassero loro
gradevoli, e dice: «Per quale misericordia
(bi-mâ rahmatin) da parte di Dio hai mostrato
dolcezza (linta) nei loro confronti?» E cioè,
per mezzo di cosa Dio ha fatto sì che tu fossi
dolce con loro, se non per la misericordia di
Dio nei tuoi e nei loro confronti? Qatâda dice:
“Il significato è ‘Per misericordia da parte di
Dio tu hai mostrato dolcezza nei loro
confronti’. La particella mâ infatti in questo
caso è una semplice congiunzione.” (...)
Dice Al-Hasan Al-Basrî:
“Qui si parla del carattere (khuluq) col
quale Dio ha mandato Muhammad, e questo nobile
versetto somiglia alle parole dell’Altissimo «È
venuto a voi un Inviato che viene da voi stessi,
al quale pesa ciò che commettete e che ha cura
di voi, pietoso e clemente con i credenti» (Cor.
9,128).
L’Imam Ahmad tramanda da
Abû Râšid Al-Harrânî: “Abû Umâma Al-Bâhilî mi
prese per mano e mi disse: ‘L’Inviato di
Dio mi prese per mano, e mi disse: Abû Umâma, vi
sono alcuni credenti verso i quali il mio cuore
ha tenerezza’.”
Al-Qušayrî: “Se non
fosse stato per una forza divina che il Vero gli
riservava, come avrebbe potuto l’Inviato di Dio
sopportare la compagnia degli uomini? Non vedi
che Mosè, appena dopo aver udito la Sua parola,
non sopportava neppure di parlare con suo
fratello, e gli prendeva la testa, tirandola a
sé?(Cor.20,92-4) O ancora: se il Profeta (su di
lui la pace e la preghiera divine) non li avesse
guardati [con un occhio che] cancellava quelle
norme proprie del mutamento (ahkâmu t-tasrîf)
che avevano corso in loro, realizzando che era
Allah a dar origine ad esse, come avrebbe potuto
sopportare la loro compagnia?
Quindi l’Altissimo dice: «Se tu fossi stato rude
(fazz) e duro (galîz) di cuore essi si sarebbero
dispersi lontani da te». Il termine fazz è
simile nel significato a galîz, così che il
significato è ‘se tu fossi stato duro con la
parola e col cuore’, o in altre parole ‘se tu ti
fossi rivolto a loro con parole violente, e col
cuore duro, essi si sarebbero allontanati da te,
lasciandoti; Dio però li ha uniti a te facendo
sì che tu fossi dolce con loro, così da
ammansire i loro cuori’. Dice ‘Abd Allah ben
‘Amrw: “Vedo nei Libri sacri rivelati in
precedenza la descrizione dell’Inviato di Dio:
non è rude, né duro, non strepita nei mercati e
non risponde al male col male, ma piuttosto
perdona e tollera.” At-Tirmidhî tramanda da
‘Â’iša queste parole dell’Inviato di Dio: “Dio
mi ha ordinato di essere estremamente gentile
con la gente, ai limiti dello sdolcinato
(amara-nî bi-mudârâti n-nâs), allo stesso modo
in cui mi ha ordinato le opere obbligatorie
della Religione (al-farâ’id).”
Su queste parole coraniche,
Al-Qušayrî dice: “Se avessi dato loro da
bere puro il vino dell’Unità divina, senza
annacquarlo con una ‘parte’ per loro, essi si
sarebbero separati da te errando senza meta
senza poter sostare neppure un attimo.”
Analogamente, Al-Alûsî dice: “Se avessi loro
esposto minuziosamente le norme proprie delle
realtà principiali (ahkâmu l-haqâ’iq) il loro
petto si sarebbe ristretto, e non avrebbero
sopportato il peso proprio della realtà delle
norme di educazione spirituale necessarie nella
Via iniziatica. Tu invece hai avuto indulgenza
nei loro confronti, per mezzo della Legge sacra
e delle facilitazioni [che essa prevede].
” Ar-Râzî riporta questo
hadith: “Non v’è mitezza maggiormente
gradita a Dio della mitezza e dell’indulgenza di
una guida spirituale (imâm). E non v’è ignoranza
più odiosa agli occhi di Dio dell’ignoranza e
della rozzezza di una guida spirituale.”
Così l’Altissimo continua dicendo: «Usa loro
clemenza, chiedi perdono per loro
(astagfirla-hum), e consigliati con loro
(šâwir-hum) sul da farsi (fî l-amr)». In effetti
l’Inviato di Dio all’occasione chiedeva
consiglio ai suoi Compagni, così da infodere
loro entusiasmo in ciò che facevano. Il giorno
di Badr ad esempio si consigliò con loro sul
problema se andare o meno incontro alla carovana
[dei meccani], ed essi dissero: “Inviato di Dio,
se ci chiedessi a proposito di un vasto mare,
noi lo attraverseremmo con te, e se ti
incamminassi con noi verso Bark Al-Ghimâd
[località nello lontano Yemen], noi verremmo con
te. Noi non faremo come la gente di Mosè, che
gli disse: «‘Va’ tu, col tuo Signore, e
combattete voi due: noi staremo qua ad aspettare
seduti’». (Cor.5,24)
Ti diciamo invece: va’, e saremo con te. Combatteremo davanti a te, alla
tua destra e alla tua sinistra.”
(...) Anche il giorno di Uhud chiese consiglio, se fosse più opportuno
rimanere a Medina o uscire e scontrarsi col
nemico; i più dissero che era meglio affrontare
il nemico in campo aperto, così che il Profeta
ordinò di uscire dalla città per dare battaglia.
Il giorno del fossato egli chiese consiglio sul
fatto se fosse opportuno venire ad un
accomodamento con le fazioni coalizzate
[che circondavano Medina] offrendo loro un terzo
della produzione dei datteri dell’oasi per
quell’anno: Sa‘d ben Mu‘âdh e Sa‘d ben ‘Ibâda
furono contrari, e l’idea fu accantonata.
E ancora, il giorno di Al-Hudaybiyya chiese consiglio ai suoi Compagni sul
fatto se fosse opportuno piombare sui figli
degli idolatri; Abû Bakr il veridico allora
disse: “Non siamo venuti per combattere, ma per
compiere i riti del Pellegrinaggio minore
(‘umra).” Il Profeta acconsentì al consiglio di
Abû Bakr. A proposito poi della storia della
calunnia [nei confronti di ‘Â’iša,] il Profeta
disse: “Gente musulmana: consigliatemi a
proposito di persone che hanno incolpato mia
moglie: ma per Dio, io non conosco alcun male a
carico di mia moglie! E hanno incolpato un uomo:
ma per Dio, io non conosco alcun male a carico
suo!”(il brano in corsivo lo citiamo da
At-Tirmidhì - libro48, del Commento del Corano,
capitolo sul commento della Sura della luce hd
nr.3191, in quanto la versione riportata da Ibn
Kathìr appare scorretta) . E chiese il consiglio
di ‘Alî e di Usâma sul fatto se fosse il caso di
separarsi da ‘Â’iša. E comunque il Profeta
chiedeva consiglio ai suoi compagni nelle
battaglie e in situazioni simili. I dotti non
sono però concordi, ed hanno due diverse
opinioni, su questo: la richiesta di consiglio
era obbligatoria per il Profeta, o era invece
solamente raccomandata, con lo scopo di
rafforzare il cuore dei Compagni?. (...)
Al-Kalbî tramanda queste parole di Ibn ‘Abbâs:
“Il versetto è stato rivelato in riferimento ad
Abû Bakr e a ‘Umar: essi infatti erano i due
Apostoli dell’Inviato di Dio, i suoi due
aiutanti particolari, i due padri dei
Musulmani.” L’Imam Ahmad tramanda da ‘Abdu
r-Rahmân ben Ganam: “L’Inviato di Dio, su di lui
la preghiera e la pace divine, disse ad Abû Bakr
e ad ‘Umar: ‘Se voi due siete d’accordo su di un
suggerimento, io non mi oppongo’.” Ibn Mardawayh
tramanda da ‘Alî ben Abî Tâlib: “Chiesero
all’Inviato di Dio a proposito della ferma
risolutezza (‘azm), e lui disse: ‘Essa consiste
nel consultarsi con la gente della retta
opinione (ahlu r-ra’y), e quindi nel seguirli’.”
Ibn Mâgiah tramanda da Abû Hurayra queste parole
del Profeta: “A colui al quale vien chiesto
consiglio, viene affidato un incarico di
fiducia.” (...) E sempre Ibn Mâgiah tramanda da
Giâbir queste parole dell’Inviato di Dio:
“Quando uno di voi chiede consiglio al suo
fratello, questi dia il suo consiglio.”
Al-Alûsî riporta da Ibn ‘Abbâs che quando furono
rivelate le parole «consigliati con loro»,
l’Inviato di Dio disse: “Dio e il Suo Inviato
non hanno bisogno di chieder consiglio. Dio
Altissimo però ha fatto della ‘richiesta di
consiglio’ una misericordia per la mia comunità:
chi, facendone parte, chiederà consiglio non
rimarrà privo di guida, mentre chi tralascerà di
chieder consiglio non mancherà di cadere in
tentazione.” As-Suyûtî riporta da Anas queste
parole dell’Inviato di Dio: “Chi chiede
ispirazione a Dio (istakhâra) non fallisce, e
chi chiede consiglio non se ne rammarica.” E
sempre As-Suyûtî cita queste parole di Sufyân:
“Ho appreso che il chieder consiglio è metà
dell’intelligenza. E ‘Umar ben Al-Khattâb
chiedeva consiglio anche alle donne.” Ar-Râzî
dal canto suo ricorda come il verbo šâwara
deriva dalla radice š-w-r, con significato primo
di ‘estrarre il miele dal favo, smielare’.
Dice Al-Qušayrî:
“«Usa loro clemenza», perché il tuo giudizio
(hukm) è il Nostro giudizio, così che tu non usi
clemenza se non quando siamo Noi ad aver usato
clemenza. Quindi lo distoglie da un tale
attributo per mezzo di ciò che lo conferma nella
stazione spirituale del servitore, e lo
trasferisce alla caratterizzazione della
separazione (tafriqa), dicendo ‘Sosta nel luogo
dell’umiliazione, implorandoCi il loro perdono’.
E così la Sua sunna (sia gloria a Lui) nei
confronti dei Suoi Profeti e dei Suoi santi: li
distoglie dalla sintesi (giam‘) trasferendoli
alla separazione, quindi li distoglie dalla
separazione trasferendoli nella sintesi; ed è
per questo che prima dice «usa loro clemenza»,
che è sintesi, per poi aggiungere «chiedi
perdono per loro», che è separazione. (...)
Quindi, dopo aver detto «chiedi perdono per
loro, aggiunge «e consigliati con loro sul da
farsi», e cioè stabilisci un ‘luogo’ per loro.
Infatti, colui al quale viene usata clemenza ed
è nelle ristrettezze della vergogna (fî sidâri
l-khajla) non vede possibile per sé la stazione
spirituale della nobile generosità; se dunque
chiedi il loro consiglio, elimini in loro
l’avvilimento (inkisâr) e profumi il loro
cuore.”
Dice Ibn ‘Arabî:
“Il motivo che rende necessario il ‘prender
consiglio’ è il fatto che al Vero appartiene in
ogni essere esistenziato un ‘volto proprio’
(wajh khâss) che non è in altri esseri. E a
volte accade che il Vero, gloria a Lui, proietti
su un certo essere, a proposito di una cosa
qualsiasi, ciò che non proietta su un essere che
pure gli è superiore di grado. Esempio ne sia la
scienza dei nomi concessa ad Adamo, nonostante
che il ‘Consesso supremo’ (al-malâ’u l-a‘lâ)
fosse più nobile di lui presso Allah: eppure,
Adamo ebbe qualcosa che essi non avevano (...).
E se le cose stanno così, accade che il Profeta
a volte sia solo riguardo a cose che egli stesso
stabilisce nel mondo per il fatto di essere
incaricato di regolare e di precisare, anche se
non a partire dal pensiero razionale (fikr),
visto che egli non fa certo parte di quanti
agiscono solo in base al pensiero razionale.
Altre volte invece nella sua attività
regolatrice gli si associa un altro intelletto,
che è come l’anima universale (an-nafsu
l-kulliyya) (...). Egli infatti sa che a Dio
Altissimo appartiene in ogni essere esistenziato
un ‘volto proprio’ dal quale Egli proietta su di
lui ciò che vuole, e che non appartiene ad altri
‘volti’. (...) Si potrebbe obiettare: Allah però
gli ha insegnato la Sua sapienza riguardante le
Sue creature, dal momento che dice, rivolgendosi
[implicitamente] a lui [in un hadith qudsiyy nel
quale sono riportate le seguenti parole dette da
Dio al Calamo primordiale]: ‘Scrivi la Mia
sapienza nella Mia creazione, sino al Giorno
della Resurrezione’. Nel rispondere a tale
obiezione si possono considerare due punti di
vista. Secondo il primo, se anche è vero che il
Profeta conosce ciò che esiste, pure si può
ritenere che tanto il suo ‘chieder consiglio’
quanto il fatto che qualcuno gli sia associato
nella sua attività regolatrice facciano parte
dei mezzi attraverso i quali Egli gli ha
insegnato ciò che gli insegna dell’Essere.
Analogamente, benché noi sappiamo che Allah ben
conosce ciò che accade nel Suo creato, Egli dice
«Noi vi metteremo alla prova, fino a quando
sapremo»;(Cor.47,30) dunque, qualcosa di simile
si riporta anche a proposito di Dio stesso,
visto che [Egli dice «fino a quando sapremo»,
sebbene] non esista chi possa ‘sapere’ più di
Allah! D’altra parte, e questo è il secondo
punto di vista secondo cui si può rispondere
all’obiezione, noi sappiamo che ad Allah
appartiene in ogni essere un ‘volto’ che lo
caratterizza: e tale ‘volto’ divino non si
definisce ‘creatura’. Così, Egli dice al Calamo:
‘Scrivi la Mia sapienza nella Mia creazione’ [fî
khalqî, anche ‘nella Mia creatura’], e non dice
‘Scrivi la Mia sapienza nel volto che venendo da
Me è posto singolarmente in ogni creatura’. Dio,
sia gloria a Lui, può dare per un certo
‘motivo’, che è quello che il Calamo scrive
della sapienza di Allah nella Sua creazione, ma
può anche dare senza ‘motivo’, e si tratta del
‘volto proprio’, nel quale non si riconoscono né
‘motivi’ né creatura. Ecco che il ‘prender
consiglio’ ha luogo perché si possa manifestare
qualcosa che è possibile venga dalla sapienza di
quel tale ‘volto’, così che colui col quale il
Profeta si consiglia nella sua attività
regolatrice proietta su di lui una conoscenza
che gli è sopravvenuta da parte di Allah in
ragione di quel ‘volto’ la cui sapienza non è
stata scritta [dal Calamo], e non ha avuto luogo
nell’aspetto creaturiale’.”(Al-futùhatu
l-makkiyya, vol II cap.198, pag.423)
Quindi l’Altissimo dice: «E quando hai acquisito
ferma risolutezza (idhâ ‘azamta), affidati
fiducioso a Dio (tawakkal ‘alâ-llah)», e cioè
quando hai chiesto consiglio sul da farsi e hai
preso la decisione, affidati a Dio nel
realizzarla, «perché Dio ama coloro che a Lui si
affidano».
< Al-Mazharî > riporta da Ibn ‘Abbâs: “Il
Profeta disse: ‘Settantamila della mia comunità
entreranno in Paradiso senza rendiconto.’ Gli
chiesero allora: ‘E chi sono, Inviato di Dio?’
‘Sono coloro che non si attribuiscono lodi
immeritate, che non rubano, che non traggono
cattivi auspici e che si affidano fiduciosi al
loro Signore’.” E sempre Al-Mazharî riporta da
‘Umar ben Al-Khattâb queste altre parole del
Profeta: “Se voi veramente vi affidaste a Dio
come deve essere fatto, Egli provvederebbe a
voi, allo stesso modo in cui provvede agli
uccelli, che vanno
affamati e tornano a pancia piena’.” E infatti,
osserva Al-Mazharî, in un hadith qudsiyy Dio
dice: “Io sono secondo il pensiero che il Mio
servo ha di Me.”
E sempre sul " fiducioso affidarsi " <> riporta
‘da un iniziato’ questo racconto: “Ero in una
zona deserta, e m’ero allontanato precedendo la
carovana, quand’ecco che vidi davanti a me una
persona. Affrettai il passo sino a che la potei
vedere distintamente: era una donna che teneva
in mano una piccola otre per l’acqua e un
bastone, e camminava tremolando. Pensai che
fosse allo stremo, e allora mi misi la mano in
tasca, ne trassi venti dirham e le dissi:
‘Prendi questi, e rimani qui sino a quando non
passa la carovana e ti associ ad essa pagandone
la quota; quindi quando si fa notte vieni da me,
che aggiusto la tua situazione.’ Ma ecco che lei
fece un cenno in aria, con la mano, così, ed
ecco che teneva nel palmo molte monete d’oro.
Quindi mi disse: ‘Tu hai preso le tue monete
d’argento dalla tasca, e io ho preso le mie
monete d’oro dall’invisibile’.”
Infine, a proposito della proposizione coranica
«quando hai acquisito ferma risolutezza,
affidati a Dio»,<> riporta l’opinione di Gia‘far
As-Sâdiq, secondo il quale in essa Dio ordina
“la rettitudine (istiqâma) esteriore nei
confronti delle creature, e la spogliazione
interiore nei confronti del Vero.”
Dice <> : “La realtà profonda del fiducioso
affidarsi è costituita dalla contemplazione
dell’attività decretante [di Dio, taqdîr],
assieme al riposo del cuore che evita di
caricarsi della tribolazione della gestione di
sé (tadbîr). E «Dio ama coloro che a Lui si
affidano» e fa loro gustare il vento fresco
della ‘sufficienza’ (ki-fâya), così da eliminare
ogni stanchezza e ogni fatica, perché Egli si
comporta con ognuno secondo ciò che questi
merita necessariamente. Così nel momento
dell’‘affidarsi’ vi sono coloro che Egli
arricchisce coi Suoi doni, coloro
che Egli protegge con il Suo incontro, e infine
coloro che Egli rende soddisfatti in ogni stato
sino a che non si contentano della Sua
permanenza, e sostano assieme a Lui, in Lui e
per Lui, nonostante i muta-menti (talwînât)
impliciti nei Suoi decreti.”
Sull’intero versetto, osserva come “secondo
alcuni Sufi esso si può intendere come rivolto
allo Spirito dell’uomo (ar-rûhu l-insâniyy), che
mostri tenerezza nei confronti dell’anima e
delle sue facoltà passionali ed irritabili, così
che essa possa avere interamente la parte che le
spetta, alla qual cosa si collega il permanere
della progenie e il miglioramento dei mezzi di
vita; in caso contrario, tali facoltà si
disperderebbero, la sapienza si guasterebbe e
verrebbero meno quelle perfezioni per le quali
l’uomo è stato creato.”
Poi dice: «Se Dio vi soccorre (yansur-kum),
nessuno vi potrà sconfiggere (lâ gâliba la-kum);
ma se Dio vi abbandona, chi vi potrà soccorrere,
dopo di Lui?» Questo versetto è analogo alle
parole contenute nel v. 126 di questa stessa
Sura, laddove è detto: «E la vittoria (nasr) non
viene se non da Dio, il Potente, il Sapiente».
Dopo di che ordina di affidarsi a Dio, e dice:
«a Dio dunque si affidino fiduciosi coloro che
hanno fede».
Dice <> : “«Se Dio vi soccorre, nessuno vi potrà
sconfiggere»: Egli interviene in favore
dell’esteriore dei credenti col sostegno
(tawfîq), e in favore del loro Spirito con la
Realizzazione (tahqîq). (...) Quando si parla di
soccorso vincente si intende ‘contro un nemico’,
e il tuo peggior nemico è la tua anima (nafs).
La vittoria sull’anima avviene quando le pretese
che vengono dal suo vigore vengono sconfitte
dalle difese della Sua misericordia, così che
gli eserciti delle passioni vengono messi in
rotta dall’assalto delle truppe delle divine
condiscendenze (munâzalât), e la santità
(wilâya) rimane rivolta esclusivamente a Dio,
senza i dubbi delle pretese, che fan parte delle
caratteristiche proprie dell’umanità
individuale, e senza le passioni proprie
dell’anima e le speranze ad esse connesse, che
sono tracce dei veli e condizioni che
impediscono la Vicinanza. «Ma se Dio vi
abbandona», ecc.: colui che Egli abbandona lo
lascia andare dove vuole, affidandolo alla sua
pessima facoltà di scelta, e il suo stato si
disunisce nei rigagnoli delle passioni: egli
così una volta va a Oriente senza mostrar alcun
pudore, e un’altra va ad Occidente senza
ottenere alcun rispetto.”
: “Alcuni ricordano come il soccorso di Allah
nei confronti dei Suoi servi avviene in diversi
modi. Egli infatti soccorre gli iniziati che con
volontà si impegnano nella Via (murîdûn)
reprimendo in loro le passioni; soccorre gli
amanti (muhibbûn) con gli avvicinamenti; e
soccorre i conoscitori (‘ârifûn) con lo
svelamento delle contemplazioni.”
Dice Al-Qâšânî:
«Per quale misericordia da parte di Dio», e cioè
è per il fatto che sei caratterizzato da una
misericordia piena di clemenza (rahma
rahîmiyya), e cioè da una misericordia completa,
piena e perfetta, che costituisce una delle
qualità divine, e che accompagna il tuo essere
che è frutto di dono ed è divino (al-wugiûdu
l-mawhûbu l-ilâhiyy), e non è l’essere ‘umano’
individuale (al-wugiûdu l-bašariyy), è per
questo che «hai mostrato dolcezza nei loro
confronti. Se tu fossi stato rude»,
caratterizzato dalle qualità proprie dell’anima,
tra le quali la rudezza e la durezza, «essi si
sarebbero dispersi lontani da te», perché a
riunirli è la Misericordia Divina che fa sì che
necessariamente essi ti amino.
«Usa loro clemenza» per quei loro peccati che ti
si riferiscono, visto che li vedi provenire da
Allah, grazie allo sguardo dell’unità divina, e
visto che la tua stazione spirituale è troppo
elevata per poter essere danneggiata dalle
azioni degli uomini e per provare stizza per
esse, o per curare l’astio con la vendetta.
E «chiedi perdono per loro» per ciò che si
riferisce ad Allah, avendo avuto luogo la loro
trascuratezza (gafla), ma anche il loro rimorso
e la loro richiesta di scusa. «E consigliati con
loro sul da farsi» riguardo la guerra ed altro,
per rispetto nei loro confronti, ma «quando hai
acquisito ferma risolutezza» rimetti la cosa a
Dio affidandoti fiducioso a Lui, comprendendo
che tutte le azioni, la vittoria e il soccorso,
la conoscenza di ciò che è più opportuno e
migliore, vengono da Lui, e non da te, e nemmeno
dal loro consiglio.
Quindi realizza il significato profondo del
fiducioso affidarsi e dell’Unita delle azioni
comprendendo le parole «Se Dio vi soccorre,
nessuno vi potrà sconfiggere» ecc.
- F I N E -
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